MUHAMMAD ALI
uno spettacolo di Pino Carbone e Francesco Di Leva
con Francesco Di Leva
regia Pino Carbone
drammaturgia Linda Dalisi
scene Mimmo Paladino
costumi Ursula Patzak
musiche Marco Messina e Sasha Ricci
luci Cesare Accetta
ricerche e consulenza Anna Maria Di Luca e Fausto Narducci
assistente scenografo Mauro Rea
collaboratori alla scenografia Vincenzo Aquilone, Mariateresa D’Alessio, Michele Lubrano Lavadera
costumista assistente Giovanna Napolitano
aiuto regia Riccardo Pisani
produzione NEST, Napoli Est Teatro
L’ispirazione nasce concretamente dal corpo di Muhammad Ali, un corpo allenato, messo in gioco, sfidato, osannato, osservato, acclamato; un corpo astuto che sa come attutire un colpo, un corpo pronto, forte, nero, in ebollizione. Un corpo che fa delle differenze una forza, un vanto, una battaglia.
Un attore e un regista, traendo ispirazione dal corpo dell’indimenticabile pugile, metafora della forza che supera ogni limite, si confrontano, sotto gli occhi del pubblico, con il senso dell’impossibile e della sfida.
Note di regia
“Impossibile è solo una parola pronunciata da piccoli uomini che trovano più facile vivere nel mondo che gli è stato dato, piuttosto che cercare di cambiarlo. Impossibile non è un dato di fatto, è un’opinione. Impossibile non è una regola, è una sfida. Impossibile non è uguale per tutti. Impossibile non è per sempre.”
Incontrare Muhammad Ali, la nostra prima sfida, il nostro primo desiderio. Far avvenire questo incontro in uno spazio, in scena, con il pubblico che ci guarda, con le luci che ci illuminano. Un incontro da costruire, da immaginare come momento meraviglioso, perché impossibile.
“Ho lottato contro un coccodrillo, ho lottato con una balena, ho ammanettato i lampi, sbattuto in galera i tuoni. L’altra settimana ho ammazzato una roccia, ferito una pietra, spedito all’ospedale un mattone. Io mando in tilt la medicina.”
In scena proviamo a rincorrerlo, a rincorrere il suo personaggio, la sua importanza, le sue parole irriverenti, veloci, in rima, pesanti, leggere, fondamentali. Rincorrere la sua vita, il suo carisma, la sua sicurezza. Rincorrere la sua velocità con la nostra velocità, la sua forza con la nostra forza, la sua infantilità con il nostro essere bambini, la sua icona con la nostra volontà. Rincorrerlo per affrontarlo, affrontare ogni suo aspetto: quello sportivo, politico, privato.
“Cassius Clay è un nome da schiavo. Io non l’ho scelto e non lo voglio. Io sono Muhammad Ali, un nome libero. Vuol dire amato da Dio. Voglio che la gente lo usi quando mi parla e parla di me.”
In scena un attore e un regista, che sotto gli occhi del pubblico costruiscono emotivamente, poeticamente e artisticamente lo spettacolo. La nostra ispirazione nasce concretamente dal suo corpo, il corpo di Muhammad Ali, un corpo allenato, un corpo messo in gioco, sfidato, osannato, osservato, un corpo acclamato, un corpo astuto che sa come attutire un colpo,un corpo pronto, forte, nero, un corpo in ebollizione. Un corpo che fa delle differenze una forza, un vanto, una battaglia.